Raddoppiati negli ultimi 5 anni. Sono i pensionati italiani che decidono di andare a vivere all’estero e che, nei giorni scorsi, sono finiti sotto i riflettori della cronaca dopo le dichiarazioni del presidente dell’Inps,Tito Boeri. Nel 2014, ha ricordato Boeri, gli anziani che hanno deciso di trasferirsi oltreconfine sono stati più di 5mila, in aumento di oltre il 109% rispetto al 2010. Oggi, nel complesso, l’Inps paga 400mila assegni assistenziali e previdenziali all’estero e spende 1 miliardo di euro all’anno, di cui 200 milioni per prestazioni non realmente coperte da contributi (come le integrazioni al minimo o le maggiorazioni sociali). “Si tratta di una situazione paradossale”, ha detto Boeri, visto che queste persone versano spesso le tasse nel paese straniero di residenza e non in Italia, “dove invece non ci sono neppure le risorse per un’assistenza di base”.

Meno di 6 mesi in Italia

Il pensionato che espatria deve innanzitutto avere la residenza all’estero e accertarsi dell’esistenza di un accordo contro la doppia imposizione, siglato dalle autorità italiane con quelle del paese di destinazione (ne esistono tantissimi, dall’Argentina sino alla Thailandia, passando per l’Europa e l’Asia). Inoltre, chi abita oltreconfine e percepisce dei compensi nel nostro paese (compresa la pensione) deve comunque presentare la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate (con il modello Unico). Infine, per essere considerati contribuenti stranieri, bisogna rispettare 3 condizioni importanti: non aver avuto in Italia né il domicilio né la dimora abituale per più di 6 mesi e non risultare iscrittiall’anagrafe nazionale dei residenti per più di 183 giorni all’anno (184 negli anni bisestili). In mancanza di soltanto uno di questi tre requisiti, decade automaticamente il diritto a non pagare le tasse in Italia. Per chiedere l’esenzione della propria pensione dalle imposte italiane, occorre compilare un apposito modulo, disponibile su internet nel sito dell’Inps.