[:it]Durante i primi 11 mesi del 2015, secondo le stime statistiche nazionali, è stato esportato dalla Serbia un controvalore di merci pari a 11,05 miliardi di euro, l’ 8,4 per cento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’anno scorso ha seguito il trend dei decenni precedenti dove gli esportatori non hanno potuto pareggiare il livello monetario degli importatori. Le importazioni sono aumentate del 5,8 per cento, raggiungendo i 14,9 miliardi di euro. Il disvanzo di 3,84 miliardi di euro è inferiore dell’ 0,8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014, mentre la copertura delle importazioni sulle esportazioni, come mai prima, ha superato il 74 per cento.
Ogni mese, il Ministero delle Finanze pubblica una tabella con i 15 maggiori esportatori. Si ritiene spesso che i maggiori esportatori creano il più alto surplus negli scambi con il mondo. Purtroppo non è così. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, l’afflusso di valuta netto da parte delle dieci aziende maggiori esportatrici in Serbia nel periodo gennaio – ottobre 2015, è stato pari a soli € 26,6 milioni di euro. Ad esempio, tra i maggiori esportatori del Ministero delle Finanze non si trova la società “Siemens”, anche se è presente nella lista dell’Istituto Nazionale della Statistica al quinto posto, con un export in dieci mesi pari a 166 milioni di euro. A capo della lista delle aziende che esportano più di quanto importano è il nostro più grande esportatore di “Fiat – Chrysler Serbia” – con un saldo positivo di 357,8 milioni di euro. La componente locale di esportazioni con ‘Fiat’ è 35 per cento. Questo significa che su ogni 100 euro di esportazioni “Fiat” ne importa 65 (molto meglio del secondo più grande esportatore che importa 87).
“HIP Petrohemija” ad di Pancevo è settimo nella lista dei maggiori esportatori, ma con 107,8 milioni di euro è nel secondo posto tra i più grandi esportatori netti. Il saldo positivo del commercio “Petrohemija” nasconde un “piccolo segreto” – benzina cruda, che viene utilizzata come materia prima e di energia (gas naturale e petrolio) è fornita a “Petrohemija” da altri fornitori nazionali, i quali importano questa merce e con basso valore domestico aggiunto la forniscono ai clienti locali. Tra altro, questo il motivo per cui il “NIS” di Novi Sad non è tra i maggiori esportatori netti, visto che importa molto per se stesso ma anche per gli altri. Il suo disvanzo di dieci mesi del commercio estero è stato 484 milioni di euro.
Un fatto interessante è che le aziende “Victoria Oil”, “RTB Group Bor”, “Sojaprotein” e “MK Commerce” non sono tra i maggiori esportatori per quantita, mentre sono tra i maggiori “netto esportatori”.
“Il disavanzo del commercio estero sembra essere il nostro destino”, dice l’economista Dragovan Milicevic. “La nostra economia è dipendente dalle importazioni e non sufficientemente competitiva. I responsabili della politica economica devono costantemente tenere questo in mente. Ciò è particolarmente vero per i membri del Consiglio per lo Sviluppo Economico e dell’Agenzia dello Sviluppo, soprattutto quando dovranno decidere quali investitori verranno sostenuti con i soldi dei contribuenti. Se in Serbia vengono solo coloro che contano su basse tasse e forza lavoro a basso costo, noi non ne beneficeremo molto. Nel frattempo, fino a quando la Serbia e la sua economia non si riprenderanno e produrranno beni che saranno il nostro marchio riconoscibile, dobbiamo accontentarsi anche dell’ “industria cacciavite”, ha commentato Milicevic.
La Serbia è una piccola economia aperta. A causa delle privatizzazioni condotte male ha quasi perso la sua industria e il suo mercato, in particolare quello dei beni di consumo, ceduti alla concorrenza estera. Ma a differenza, per esempio, della Slovacchia, che ha quattro grandi fabbriche degli automobili o dell’Ungheria, che è uno dei più grandi produttori di componenti per autoveicoli, noi siamo ancora cercando il nostro posto sulla mappa economica dell’Europa.
Ecco perché l’arrivo di ogni investitore straniero, specialmente quelli che aprono “da zero” le imprese in Serbia pure con l’aiuto dello Stato, i fondi di incentivazione e gli incentivi fiscali, è benvenuto. Nel paese dove circa il venti per cento della popolazione in età lavorativa è rappresentato da disoccupati, ogni libretto di lavoro aperto è un puro profitto.
(Politika, 13.01.2016)